A volte mi capita di raccontare episodi personali e di vederli etichettati come belle storie, favole da raccontare alla sera prima di dormire.
La realtà è che non sono favole: è la mia vita. E mi fa piacere che vengano percepiti come belle storie, non solo per la mia convinzione e la dedizione con cui li racconto ma anche perchè ci sono così emotivamente legata che il mio ascoltatore lo capisce e il racconto sembra più forte, più dolce alle sue orecchie.
E poi un'altra importante componente è che io, della mia vita, ricordo spesso solo le cose belle e le sento ogni giorno di più, nonostante il tempo passi e me li lasci alle spalle da molto.
L'altra sera ero sopra pensiero e mi sono ricordata di un episodio di una dolcezza infinita: ero a Napoli con mio papà e stavamo per salire sul pullman che ci avrebbe riportati a casa. C'era folla ed erano tutti nervosi della giornata, ansiosi di salire e accaparrarsi il posto a sedere, me compresa. Il pullman apre le porte, mio padre decide di occupare 2 posti e io di obliterare i biglietti. Alzo lo sguardo dalla macchinetta obliteratrice e i miei occhi si imbattono in una figura che non vedevo da 3 mesi, ma che conoscevo molto bene. Erano gli inizi di aprile del 2006, il tempo si preparava a migliorare dopo la settimana più fredda dell'anno,ma fuori pioveva ancora.
Era davanti a me di spalle, le ho riconosciute subito quelle spalle larghe, i capelli un pò lunghi, il giubbotto, l'odore. D'istinto, senza badare troppo alle conseguenze del mio gesto, gli ho poggiato una mano sulla spalla. Si è voltato, mi ha riconosciuta o meglio i suoi occhi hanno sorriso, forse con un pò di imbarazzo che 3 mesi prima non ci sarebbe stato, come per dire bentornata. Anche o gli ho detto bentornato con i miei. Quando ci siamo parlati, nonostante gli occhi dicessero altro, il ghiaccio non era rotto. Ma poco lontano da me mi aspettava un'altra persona, che pure non vedevo da 3 mesi ma che conoscevo molto bene. Lei però nel vedermi ha spalancato le braccia, con gli occhi un pò lucidi e mi ha stretta a sè chiedendomi di continuo " come stai....come stai..."
Ma d'un tratto l'incantesimo si è spezzato: la voce di mio padre da lontano mi chiedeva di occupare in fretta il posto riservato per me altrimenti l'avrebbe preso qualcun'altro. Il pullman era troppo affollato, le voci non si sentivano bene. Sarà stato questo: di fatto sta che nella mia testa ne sentivo solo una, una voce femminile, tanto simile alla mia,con il mio stesso accento rude, ma molto più musicale e dolce che mi ripeteva " come stai...come stai..."
Sono andata via un pò bruscamente quella sera, confusa nella folla in piedi sul corridoio enlla voce roca di mio padre che chiamava il mio nome. Ma seduta al mio posto, ho acceso il lettore e mi è scesa una lacrima dagli occhi.
"come stai...come stai...come stai...." tutta notte e nei giorni a venire.
Di colpo, una nuova gioia si è fatta largo nel mio cuore e nella mia testa lacerando il velo di nostalgia e mancanza che li aveva coperti fino ad allora.
Il giorno dopo, il sole ha ricominciato a splendere. Mi ha svegliata filtrando dalle tapparelle alle 8 del mattino. Sarà stato un segno......
Questa storia è per coloro che si riconosceranno nei protagonisti, perchè non gli ho mai detto cosa hanno scatenato in me quel giorno.
martedì 6 novembre 2007
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